venerdì 5 dicembre 2014

L'Inferno

L'altra sera nella sala d'attesa del mio medico sotto le luci dei neon ho improvvisamente capito il senso della Divina Commedia di Dante.
Chi l'avrebbe mai detto? Finalmente, se posso far appello al senso etimologico del termine, sono riuscita a com-prenderlo: a farlo mio.

Pur essendo stata, posso dirlo, una studentessa di lettere dai conseguimenti ottimi, ho sempre ritenuto la Divina Commedia (ahimè al pari dei Promessi Sposi) una mattonazza disumana, una tortura somministrata agli studenti sanzionabile a livello internazionale.

Eppure dopo tanti anni, alla fine mi è servito a capire qualcosa di importante della mia vita. Certo: unitamente al Buddismo e diversi altri buoni libri e Maestri, però è servito.

Ritrovarsi perduti in una selva oscura.

In teoria, non dovrebbe essere difficile da capire che in alcuni particolari momenti ti sta succedendo qualcosa di brutto, ma dipende dal carattere.
C'è gente che se si spezza un'unghia chiama il babbo il lacrime e riempie facebook di post dolenti per farsi consolare.
Ci sono altri che se il babbo gli muore e nello stesso giorno vengono piantati e gli investono il cane, si stringono nelle spalle e dicono: Uh, ma che giornata.

Il fatto è che a tutti può capitare un evento negativo, poi magari un altro. E un altro ancora. Ma ognuno ha i suoi limiti. E non tutti sanno riconoscerli.
Così accade che passo dopo passo, inciampando, ti puoi ritrovare perduto. E di prendere una strada che scendendo più o meno lentamente ti porta verso l'Inferno.

Ora trovo che qui il buon vecchio Dante se la sia cavata con poco rappresentando dannati e satanassi, perché l'ovvia realtà è che sia i dannati che i demoni di questo tipo di Inferno siamo noi stessi.

Quando inizia una crisi è un po' tutto concesso 
Come no?
Io so perfettamente quando sono scesa all'Inferno nella mia vita.
Alcune volte, per fortuna ben distanziate negli anni ma nette. Ogni volta, sono stata pessima.
A chi è andata meglio, l'ho allontanato nel silenzio per sempre o molto a lungo da me.
A chi è andata peggio, l'ho allontanato massacrandolo a parole (e possibilmente per scritto, essendo il mio mezzo d'espressione elettivo, come dire, "Giacché mi va d'ucciderti guarda: scelgo il fioretto per farlo ben a modo, contento?").
A posteriori, la me sana non si giustifica dicendo che erano solo parole, ("Maddai! Non sei mai mica passata ai fatti; non hai mai rubato, ucciso, incendiato macchine o anche solo messo sale in un caffè!").
Ho agito male eccome. Perché parlare è fare qualcosa e le parole possono far male,
Inoltre, coloro ai quali è andata peggio erano quelli cui tenevo di più.
Persone a cui volevo bene, che credo mi volessero bene (credo, perché dopo il mio metodo verballodovico dubito che se lo ricordino anche, di avermi voluto bene).
Alcuni mi hanno perdonata (incredibilmente, occorre dire). Altri no. Ad altri non ho neanche chiesto: persino io non ho avuto il coraggio (e sì che in alcuni casi ero giovane e più ben più sfrontata di oggi).

Una volta uno di loro mi ha fatto la stessa domanda che per anni mi sono fatta (dolorosamente) io stessa:
"Perché te la prendi così proprio con me (che ti voglio bene)?"

Con un'immaturità emotiva terrificante, ora finalmente l'ho com-preso.
Perché, mio caro (miei cari), ero all'Inferno. Dove tutto è caos e sofferenza, tutto è il contrario di tutto e niente è vero.
E lì avevo paura di perderti, essendomi persa.

Non è facile per nessuno incontrare qualcuno di cui fidarsi e da amare, tanto che quando lo si trova  si corre anche questo rischio: di attribuirgli responsabilità non sue.

Però nessuno, per quanto fidato ed amato, può essere il nostro Virgilio, colui che è in grado di farci da guida e scortarci al salvo lontano dai nostri demoni.

Virgilio siamo noi: le nostre esperienze, le nostre idee, i nostri valori, il nostro coraggio.
Attribuendo questo ruolo a qualcun altro otteniamo solo di generare ansia, delusione e risentimento, ovvero cibo a palate per il nostro Demone della Rabbia e dell'Ingiustizia, che mieterà vittime intorno a noi facendo terra bruciata con più efficienza del napalm.
Non siamo giustificati nel comportarci come una folla inferocita dalla paura che nei momenti di crisi manda al patibolo i propri Eletti e demolisce le statue dei propri Idoli nei quali aveva riposto le proprie speranze. Occorre rimboccarsi le maniche, assumersi le proprie responsabilità ed uscire dai guai con le proprie forze.

Ho capito che bisogna capire i passi falsi che possono portare qualcuno a perdersi in un Inferno.
Quando ci sei, riconoscerlo e non negarlo per affrontarlo con consapevolezza.
In realtà i momenti difficili, le "prove del fuoco", sono funzionali nella nostra vita e se affrontate correttamente ogni volta ne possiamo uscire rafforzati e migliori come guide sia per noi stessi che per gli altri.

Non esistono solo grandi Inferni nella vita, ma anche piccoli insidiosi inferni quotidiani.
Rotture, malumori, difficoltà:  da evitare per quanto possibile, oppure da affrontare senza farli scontare agli altri, meno che mai le persone più vicine a noi.

E infine, un ultimo spunto.
Se rovesciamo questa visione infernale, cosa diventa? Il Paradiso e la luce gloriosa delle stelle. Questo è il senso in positivo del sostegno che possiamo dare ed avere con chi amiamo.
Un paio d'ali in più per volare più in alto.


giovedì 28 agosto 2014

S'io fossi nata principessa

S'io fossi nata principessa,
com'ero pressappoco convinta di essere nei primi anni della mia vita grazie ai miei nonni, o contessa, o dotata di qualche titolo nobiliare minore ma che comunque mi avesse garantito una posizione privilegiata in una qualche corte del mondo che fu pre unità d'Italia, ebbene io lo so: io lì avrei trovato la mia dimensione, il mio habitat naturale.

Perché io sono una persona fatta per eccellere nei micromondi: la bambina vincitrice dei premi di disegno, colei che era costretta a leggere i propri temi di fronte alla classe; l'animatrice dei circoli sportivi e festaioli, la dilettante insignita dei riconoscimenti letterari tanto prestigiosi quanto invisibili, la giocatrice di giochi di nicchia che arriva in cima alle classifiche, ma solo ridendo e scherzando.

S'io fossi nata principessa, o poco meno, avrei brillato nella mia piccola corte.

I nobili del mio entourage m'avrebbero ricoperta di gentilezze e complimenti; qualche cantore al soldo di mio padre probabilmente m'avrebbe dedicato una canzone e se ci fosse stato un pittore avrei avuto anche più di un quadro per abbellirmi, o una statua, o almeno il calco delle mie mani (che non sono male, a detta dei più), a seconda dei tempi e delle mode.

Con un po' di fortuna, se alla nostra corte avesse gravitato qualche insigne poeta, sarei stata menzionata in un sonetto minore, destinato a prendere posto non dico nei programmi scolastici, ma almeno in qualche antologia.

Perché io sono una diva relativa: una femmina alfa che non approfondisce, ma che come una farfalla si posa da sempre su quello che fa giusto per il tempo di risplenderci un po', usando su ogni fiore una stilla di vanità e perfezionismo.

Vanità: fra noi ci capiamo. Noi che usiamo queste eccelse capacità non per prevalere, ma solo per risplendere, ovvero per donare luce. Chi sa guardare, sa vedere che forse in fondo non siamo stelle, ma più simili ad orfani dickensiani. Piccoli principi straccioni, con le mani piene del proprio oro, in gesto di offerta.

"Guarda cosa ho fatto. Non è bello? E' per te. Guardami ora. Non sono bravo? Mi vuoi bene?"

Poi siamo cresciuti e un giorno senza rendercene conto abbiamo smesso di chiedere, ma le abitudini sono dure a morire. E noi continuiamo a brillare per abitudine.

Perfezionismo: c'è chi dice che sia il primo passo verso l'autodistruzione. A questo non so rispondere.
So che a volte in un mondo dove in alcuni momenti tutto sembra andare alla deriva senza senso, le cose fatte bene restituiscono il senso. Ti possono ridare serenità e l'impressione di aver fatto qualcosa di bello e utile.

Non sono nata principessa. Non vivo in una piccola corte. Percepisco il mondo intorno a me nella sua complessità e vedo perfettamente persone più intelligenti, più belle, più brillanti, con più talento di me.
Il mio sistema morale mi dice che questa è una cosa buona, perché il mondo in questo modo mi fornisce dei modelli per migliorare ogni giorno.
Anche se così non sarò mai protetta dalla mia ignoranza.
Ogni giorno pur conoscendo il mio reale valore, dovrò sobbarcarmi l'immane peso della mia consapevolezza per poter comunque riuscire a sorridere, alzarmi in volo e cercare di brillare. Relativamente.


giovedì 21 agosto 2014

Una certa nostalgia (minipost estivo)

Negli ultimi anni ho visto chiudere tanti negozi blockbuster.
Me lo ricorda spesso la triste visione che ho passando in una piazza vicina a dove abito, dove un grande blockbuster che faceva angolo ha ceduto il posto ad un altrettanto enorme negozio di parafarmacia.
Dove una volta si aggiravano i cinefili, ora fanno shopping gli ipocondriaci.

Su questo argomento mi trovate un tantino piccata perché io ero una cliente affezionata di blockbuster.

Nei primi anni duemila, quando abitavo a Reggio Emilia nel mio deposito di biciclette, a volte il venerdì sera uscendo dal lavoro andavo direttamente lì. Affittavo 2-3 DVD e compravo una congrua quantità di junk food per accompagnarli.

Ora, vi dirò...
Non gioverà alla mia immagine, ma mi viene dal cuore: in alcune di quelle serate passate sulla mia poltrona davanti al monitor del portatile, a farmi maratone di film mangiando pizza scongelata, gelato dal mastellino e popcorn al caramello, io ho conosciuto la felicità assoluta.

Con buona pace di qualsiasi filosofia.


martedì 29 luglio 2014

Elogio della Vanità

Ero molto molto (mi duole ripeterlo: "molto") giovane, quando un pomeriggio d'estate entrando nel circolo sportivo dove passavo la maggior parte dei pomeriggi con il gruppo dei miei amici, una ragazza di cui (fortunatamente!) ho perso traccia mi disse:
"Hai qualcosa fra i denti."
"Davvero?"
"NO, ma mi piaceva vedere la tua espressione all'idea di essere imperfetta."

Riporto questo simpatico aneddoto® perché mi è rimasto impresso dopo tanti (mi duole ripeterlo: "tanti") anni, come esempio indolore dell'atteggiamento di alcune persone, antitetico al mio e per me abbastanza incomprensibile.

Io mi sveglio la mattina, come tutti gli esseri umani ancora vivi (per nostra fortuna, yippie). 
Che abbia ancora sonno o meno, impegno una porzione del mio tempo a rendere il mio aspetto oltreché presentabile, ragionevolmente (nei limiti, capiamoci) gradevole. 
Abbino i colori dei miei vestiti. Faccio in modo che sia loro che la mia persona siano puliti, in modo da non emettere cattivi odori.  Anzi, a dirla tutta, personalmente mi piace profumare. Senza esagerare.

Dopo aver fatto colazione mi lavo i denti, pressappoco per gli stessi motivi. Controllo di essere in ordine e al mio meglio.

Esco, mi incammino e cerco di tenere un comportamento civile.
Se produco pattume, lo lascio negli appositi raccoglitori, non lo butto in mezzo alla strada. 
Se incrocio delle persone camminando, non le contrasto a spallate ma mi scanso, cercando di favorire la circolazione.
Se qualcosa mi contraria, non do in escandescenze urlando il mio disappunto al mondo, ma neanche esprimendolo ad alta voce con insulti o maledizioni o improperi come un ubriaco in fase aggressiva dopo tre cartoni di tavernello. 

Ora, confortatemi su un punto.
Tutto questo è normale, vero?

Il fatto è che io sono stata educata a comportarmi così. Mi è stato insegnato che con le persone, in generale, è buona regola cercare di risultare il più possibile gradevoli

Poi, a seconda del livello di intimità che si ha in un rapporto ci si possono permettere delle libertà come la confidenza e la familiarità, pur sempre nel rispetto, ovvero nella misura in cui la propria libertà non limita quella dell'altro (il che a volte può anche voler dire: non lo mette a disagio). Tutto questo ovviamente nei nostri limiti, giacché siamo umani per cui non infallibili, ma il principio dovrebbe essere questo.

E allora potreste spiegarmi perché da sempre incontro persone a cui la gradevolezza (che oltretutto non viene gratis, e chi sorride lo sa bene) appare come ipocrisia, vanità, idiozia, in pratica come una cosa negativa?
Ma ancor di più, davvero queste persone fustigatrici della stilosità, fautrici della spontaneità e fan del parlacomemagni riescono a sostenere nella pratica che il contrario sia giusto?

Allora, visto che scrivo su internet, lasciatemi fare un paragone quanto mai  prossimo
Uso facebook da anni. Lo guardo quasi tutti i giorni. Ultimamente, devo ammettere, di meno.

Entro e vedo: persone che postano foto di sé stessi, della propria famiglia, delle cose che amano, che li hanno resi felici, che li rendono fieri; cose in cui credono, che gli piacciono. Cose anche stupide, ma che li divertono.
Poi vedo persone che postano insulti verso altre persone; lamentele. Polemiche. Odio
Badate: NON parlo di cause sociali o civili (che comunque esprimono qualcosa in cui si crede), parlo dell'odio spicciolo e gnagneroso verso "quello che mi ha fregato il parcheggio" o "la collega stronza".

INDOVINATE CHI PREFERISCO IO?

E lo so, avrò dei gusti da bionda retrò. Sarà che mi annovero consapevolmente, volontariamente fra i colpevoli. Sarà che fra i miei tanti difetti non c'è l'invidia, sarà che più che vanità io ci vedo la positività, ma io non smetterò mai stare dalla parte di chi comunque offre al mondo e condivide il meglio che può offrire, piuttosto che la propria spazzatura.


martedì 8 luglio 2014

La Pace e la Luce

"Ma perché non ve lo portate con voi, nella luce?" 
"Non ha meritato la luce, ha meritato la pace"

Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita


Torno a casa attraversando un bellissimo parco condominiale dove sotto gli alberi ad alto fusto alcuni giovani merli saltellano sui prati verdi perfettamente tenuti.
Nel resto del norditalia si stanno scatenando tuoni fulmini e saette, con picchi creativi come trombe d'aria, grandine ed inondazioni, ma non qui: che ci crediate o no, qui c'è il sole.
Però con una temperatura fresca gradevolissima.

Arrivo al mio appartamento all'ultimo piano, apro le finestre sul mio terrazzo pieno di piante.
A casa c'è mio figlio maggiore: evoluto, affettuoso, educato, già laureato in psicologia, sta studiando per specializzarsi. Le mie tre gatte mi vengono incontro per salutarmi, placide e carezzevoli.

Dopo tanti traslochi, ho arredato questa casa esattamente come avevo in mente e mi siedo nel salotto, decisamente confortevole, davanti al mio portatile.
Relax. Sono un po' stanca. Da qualche settimana sto facendo al lavoro delle attività piuttosto impegnative che mi assorbono, però tutto sommato ne sono soddisfatta. Ho un lavoro solido e svolgo mansioni che trovo stimolanti. Conosco la maggior parte dei miei colleghi da tanto tempo, li stimo, e il clima è ottimo.
Più tardi arriverà mio marito: fra un'oretta potrei mettermi a preparare la cena, ma so già che se non avessi voglia, mi basterebbe chiederglielo per farci portare qualsiasi cosa di reperibile già pronto.

Ora, vorrei confessare una cosa. La cosa ridicola è che quasi mi vergogno ad ammetterlo.

In questo momento mi sento incredibilmente serena.

Tutta la vita ho detto di essere una persona inquieta. Di non amare la routine, la stabilità, le sicurezze.
Che la coerenza non era il mio forte. Che io sono un'artista. Undivaga. Bohemienne.

Mi sa che è ora che ci dia un taglio.

La verità è che io predico male e razzolo bene.

E' vero che non ho mai avuto paura di eliminare drasticamente le cose che non funzionavano dalla mia vita, ma a guardare bene l'ho sempre fatto per perseguire quello che ritenevo il meglio. E per questo, ho sempre lottato con tutte le mie forze, senza esitazioni. Soprattutto contro me stessa.

Perché oltretutto (altra dolorosissima ammissione) pur nella mia guasconeria (anch'essa dettata dalla vanità), ho e ho avuto fifa di scegliere e cambiare come qualsiasi essere umano, e non conosco nessuno più bravo di me ad autosabotarsi. Io sotto stress posso sviluppare una capacità distruttiva formidabile. Posso prendere l'ineffabile saggezza che ho appreso dai libri, rigirarla e all'occorrenza trasformarla in veleno puro, o meglio in napalm, che spargo per ettari intorno in una situazione esistenziale. 
Però per fortuna, la stessa tenacia quasi surreale riesco poi ad applicarla nel verso giusto, se motivata.

Ho fatto scelte correndo rischi apparentemente assurdi, ma guarda caso sempre verso situazioni migliori.
Verso la cosa migliore in assoluto che mi sia capitata nella vita, ovvero la maternità; verso persone ottime che mi hanno amata moltissimo; verso lavori ed esperienze che mi hanno dato tanto.

Chi mi conosce lo sa: ho compiuto gesti azzardati, ma guarda caso sempre in fuga da situazioni negative.

Allora forse è ora, alla mia tenera età, di deporre la vanità di certi miti adolescenziali e fare un doveroso distinguo. Il mio schifo per la stabilità, credo fosse per le situazioni che mi facevano stabilmente schifo.

Ho sbagliato per anni nel confondere questo senso di ripulsa verso realtà che non mi soddisfacevano per una ripulsa cronica. Negli anni, un bravo pilota dovrebbe imparare a governare l'abbrivio e fermarsi dove e quando vuole. E lì sostare, seppur sempre con gli occhi aperti, pronto a ripartire quando lo desidera.

La fuga perpetua non è un errore inferiore all'eterna stasi.

Le persone smaniose, ipercritiche, ansiose non vivono meglio degli statici, dei rassegnati, dei passivi. E spesso rischiano di passare da un eccesso all'altro, disperdendo le proprie energie giorno per giorno.

Ultimamente ho capito questo: il benessere quotidiano che ho passato la maggior parte della mia vita a vituperare, conta. Conta per raccogliere energie. Conta per acquistare serenità. Conta per poter essere lucidi. E con energia, serenità, lucidità, poter comprendere i veri passi successivi da intraprendere per salire di livello, e forse anche per sgombrare il terreno per quel cammino.

La Pace non è l'antitesi della Luce: può essere uno stato necessario per arrivarci.

lunedì 7 luglio 2014

Nello scorrere del tempo

Ho un bel dire: oh, ma guarda, anche questa cosa finalmente ha rivelato il suo perché!
La verità è che non ho mai capito se niente succede per caso o se siamo noi a dare un significato alle cose.

Quando ero più giovane, avevo delle strane credenze. Facevo sogni densi densi e pieni di significati, nei quali persone care scomparse mi aprivano la vista alle biosfere emanate da ciascuno di noi, in forma di bozzoli luminosi, rassicurandomi su presente e futuro.

Dopo diversi anni una veggente, senza che tra l'altro gliel'avessi chiesto, mi garantì che in mia costante protezione potrò sempre contare su un uomo magro, dai lineamenti affilati e gli zigomi alti, in camice da medico, che mi seguirebbe ovunque, invisibile e sorridente: il mio bisnonno, nel cui amore per non dire culto mia nonna mi ha cresciuta.
Ma questo è successo quando già la vita mi aveva posto di fronte ad una serie abbastanza ampia di contraddizioni ed invincibili avversità per non permettermi di credere (o meglio non contare) più su un intervento esterno portatore di salvezza.

Quindi oggi sono più propensa alla seconda ipotesi: pace in terra agli uomini di buona volontà, ovvero a quelli che si accollano la fatica (a volte improba) di ricavare da soli un senso da ciò che accade.

Secondo me questa è una scelta decisamente più di buon senso, fosse solo per la basilare considerazione che im Lauf der Zeit, nello scorrere del tempo, le cose si accumulano.
Dove per "cose" intendo "sfortunati eventi", e per "si accumulano", di solito accade in perfetto ordine sparso, fra le nostre quarta e quinta vertebra cervicale.
Decidere di affidare agli elementi esterni i criteri su cui ragionare e rapportarci con l'universo andrebbe bene in un mondo in cui tutto filasse con perfetta equità e logica. Questione decisamente diversa è invece cercare di costruire nel tempo un modo di ragionare personale basato sull'equità e sulla logica, e affidarsi ad esso. Come ad un'isola verde interiore di luce e salvezza.

Inoltre, nel tempo i bambini crescono e noi imbianchiamo: ci si pone, tra gli altri, il problema di invecchiare con grazia, e va da sé che viaggiare più leggeri permette di procedere meglio
Una cosa che sembra sfuggire a molte persone adulte, è che in qualche modo siamo i testimonial della vita di fronte ai più giovani. Che figura facciamo fare all'esistenza umana mostrandoci sfiancati e pieni di rancore? Vogliamo davvero sfiduciare questi cittini prima che gli arrivi qualche batosta di per loro, eh?
Diciamocelo: non c'è spettacolo più inverecondo di un vecchio incarognito. L'astio non dona.

Per cui io personalmente penso sia preferibile strada facendo liberarsi della pesantezza delle cose inutili e negative. Non permettere alle esperienze negative, ai torti subiti, agli incidenti di insegnarci la lezione sbagliata e vincerci, ma anzi impiegare l'esperienza, la forza, la scorza che ci siamo fatti per comportarci come ottimi testimonial della vita.

Un altro problema? Fantastico, lo risolverò: ormai so come fare. Tu ce l'hai con me? Fatti sotto: ti faccio vedere io, quanto posso essere gentile. Guarda bambino: così si fa

Posso permettermi di continuare a sorridere, sognare, osare.
Ho nuotato in mezzo alla tempesta, ho attraversato il fuoco tante volte e sono ancora qui.
Ciò che non mi ha ucciso, mi ha reso più forte.



Who cares, se non verrete capiti. A chi può servire, servirà. E' per voi e per loro che lo fate, che siete così. Perché questa è una delle chiavi fondamentali di scelta: l'amore.
Amore per voi stessi, come persone, che supera sé stesso espandendosi fino agli altri. Amore per gli innocenti: i più giovani, quelli che verranno dopo. Amore anche per i meno innocenti: gli arrabbiati, quelli che soffrono e chiedono aiuto prendendosela con voi. Se sapete di essere forti, potete arrivare ad avvertire lo stesso senso di amore e protezione per tutti. L'ho sempre detto, non mi stancherò mai di crederci:

il vero amore è per le persone forti.

Inoltre per viaggiare leggeri può aiutare indubbiamente un dono quasi da esseri fatati, da coltivare con cura: una meravigliosa memoria selettiva.

Nell'estate dell'86 (credo) ricordo che ero innamorata. Ero malata e non potevo uscire di casa. Il ragazzo che mi piaceva mi aveva lasciato una sua maglia. Nelle notti di quell'estate io guardavo il cielo gremito di stelle dalla finestra della mia stanza e affondando il viso in quella maglia ricordo ancora nitidamente che aspiravo il suo profumo, il profumo che era rimasto nel tessuto: ricordo i colori, la trama, il profumo come fosse ieri.
Ricordo a malapena il ragazzo, il fatto che dopo esserci scambiati lettere bellissime e infiniti sospiri a distanza (ma davvero, cosa supera l'attesa di un amore? me lo chiedo ancora oggi) di persona fu la storia di un mesetto che ci fece lasciare nella reciproca indifferenza.

Sono passati tanti anni e diversi amori, ma di tutti gli amori che ho vissuto i ricordi nitidi sono dei momenti belli.
Gli stessi che mi fanno sperare ogni giorno che tutte le persone che ho conosciuto meglio (per esserci amati) stiano bene, siano serene, stiano proseguendo il proprio cammino nella felicità. 
I litigi, le incomprensioni, le rotture non hanno più nessuna importanza: so che ci sono state, ma solo come fatti, non come veri ricordi. Nel tempo il dolore è svanito, è rimasta solo la gioia.

Questo vale allo stesso modo per altri rapporti: se si ha l'immensa fortuna di avere dei figli non si rimugina tutta la vita sui dolori del parto o sulle notti passate in bianco, ma su tutti i momenti di felicità vissuti con le meravigliose creature che hai avuto il privilegio di crescere. 
Se hai degli amici, può essere che abbiate litigato e ve ne siate dette di veramente brutte, così come vi venivano, ma poi s'è fatta pace e ciò che conta è ben altro.

Perché il senso che ho scelto è che la fortuna è quella di poter essere vicini a qualcuno. Fare qualcosa di bello insieme: essersi utili nel rendersi felici.
Questo per me è il senso di qualsiasi storia umana.

Più vado avanti con gli anni, più la trovo una scelta sensata.

Per noi parlare di vecchiaia è quasi un tabù: pensarci e citarla suona anziché naturale stonato, come sintomo di depressione, o quasi maleducazione, come parlare di una cosa schifida durante un pasto, ma io che sono stata cresciuta da due persone anziane non la vedo così. A prescindere dal fatto che l'alternativa non mi pare un granché, ma poi se ci si arriva lucidi e ragionevolmente sani di corpo, posso testimoniare che non è niente male. I miei nonni erano uno spasso e considero il diventare una deliziosa vecchietta un ottimo obiettivo. Certo, ogni età è diversa e ci si devono aspettare cose diverse.

Verrà un giorno (immagino, credo), in cui si è destinati ad avere ben poche delle cose che abbiamo dato per scontate la maggior parte della vita, ovvero: non si ha più bellezza (non almeno la splendente bellezza della gioventù), non si ha più un indefinito futuro, non progetti a lungo termine.

In quel giorno (con un po' di fortuna) si possono avere ricordi. E io ho fatto e farò del mio meglio per averne di bellissimi.
Si può avere ancora amore.
Un amore sincero e profondo per tutti quello che abbiamo incrociato nel nostro cammino, per tutti quelli che verranno dopo di noi, e si ameranno come ci siamo amati noi. Grande come un oceano in cui infine potersi perdere, dolcemente.
E io vorrei potermici perdere, così: allora come ora, sognando come una ragazzina innamorata sotto le stelle in una notte d'estate.

martedì 24 giugno 2014

Capire l'IKEA

Se c'è una cosa che davvero non mi piace, sono i luoghi comuni sulle differenze di genere.
"Le donne sono così e gli uomini sono cosà", mamma mia che antipatia. Che stupidità.
Come se non bastassero tutte le incomprensioni, i conflitti, i problemi quotidiani, manca solo metterci il carico da dodici con questo tipo di umorismo becero che fa il contrario di ciò in cui io credo, ovvero seguire le linee comuni per eliminare una delle più false idee che nutrono l'infelicità del mondo, quella della separazione.

Invece io, forse un tantino controcorrente, mi sono sempre baloccata nell'idea di un mondo ideale dove proprio NON ci fossero generi. O meglio ancora, democraticamente, un mondo popolato da mutaforma. Dove qualsiasi cosa nasci, poi in qualunque momento puoi trasformarti in ciò che vuoi. Maschio o femmina.

Questa quelli un po' nerd come me la capiscono con agilità

E LO SO: ora chissà a cosa staranno pensando molti di voi. Perché siete fissati col sesso!

Io invece di questo pianeta Bisesso vedo più che altro la convenienza pratica e l'aspetto ludico, la joie de vivre.
E' sera e hai voglia di uscire da solo a farti una passeggiata senza essere importunato? Voilà: ti trasformi in un giovanottone tutto muscoli. Ti innamori di un vestito scollatissimo rosso fiammante accessoriato di tacco dodici? Zac: ecco che sei una sventola stratosferica pronta a fare la migliore delle figure.

E qui, dopo una certa citazione, chi mi conosce SA che NON potevo resistere

Non liquidate l'idea come perturbante, perché, se ci pensate bene, non solo in un mondo dove la bellezza fosse alla portata di tutti va a sé che sarebbero altre, più che l'aspetto esteriore, le doti apprezzate, e quindi toccherebbe impegnarsi nell'eccellere in quisquilie attualmente un po' sottovalutate quali l'ingegno o la cultura o alcune doti morali; ma poi, se il genere non fosse un elemento elettivo, allora non potrebbe voler dire che l'amore andrebbe oltre la forma, alla persona di per sé?

Lo so: è un'idea spigolosetta, per cui al momento ve la lascio come mero spunto di riflessione, come suggestion, l'accantono e arrivo al tema del post.

Nel 2004, o giù di lì, ero infelice in amore. Innamorata ma spesso sola.
Vivevo da sola. Per la prima volta in vita mia. Per certi versi mi piaceva. Per altri no.
A volte la domenica restavo da sola. E se restavo da sola nella mia casa reggiana, cominciavo a pensare a quanto fossi sfortunata, ad essere innamorata e sola. Sigh, sigh.
Così uscivo.

A volte andavo in un centro commerciale.
E nei camerini di prova c'erano tante fortunate accompagnate dai propri Fidanzate o Mariti. Loro, non erano state lasciate da sole. In realtà, constatavo ben presto, più che altro avevano il potere contrattuale di trascinarceli, Fidanzati & Mariti.
Entravano nei camerini e Loro, F&M, lì fuori in attesa, visibilmente a disagio nel Mondo delle Donne Mezze Ignude.
Le sentivo sbuffare nel cambiarsi correndo come trasformisti, poi emergendo esauste:

"Come sto??"


E come stai? L'espressione, se andava bene, era la stessa che avrei avuto se avessero chiesto a me cosa ne pensavo dell'andamento della Champion League. Ma l'Uomo Medio è pavido e tace.
I più coraggiosi però si esprimevano.
Invariabilmente, seguiva scazzo.

Oppure, andavo a Bologna. All'IKEA. Di sabato pomeriggio.
Stranamente, per chi mi conosce, io in queste evenienze mi rivelo un tipo calmo. Introietto lo sclero e lo trasformo in sarcasmo, cosicché reggo benissimo i luoghi affollati.

Consiglio a tutte le coppie fidanzate ufficialmente, oltre al corso prematrimoniale (se desiderano convolare in chiesa), di trascorrere un sabato pomeriggio all'Ikea. Se dopo aver visto tanta insofferenza, incomprensione e disistima concentrate nello stesso luogo e momento desiderano ancora sposarsi, allora è vero amore. O vera ostinazione, che in alcuni casi è anche più efficace.

E così, dopo aver trascorso alcune ore assistendo allo spettacolo impietoso di esseri umani che un dì sospirando s'erano giurati eterno amore ed erano finiti col dare spettacolo sbranandosi sul comprare BESTÅ o UPPLEVA, riprendevo il treno e tornavo a casa.

Dove mi buttavo sulla mia poltrona (Ikea POÄNG - color naturale, lino - scelta, comprata e montata da me, e solamente da me, c***o!), mettevo un film in DVD, mi scaldavo una pizza al microonde (abitando in un deposito per biciclette questo esauriva le mie capacita coquinarie), se mi girava aprivo anche un barattolino di Häagen-Dazs (generalmente chocolate pralines e caramel, ma anche double caramel non mi dispiaceva).

E con tutte le mie forze ringraziavo il Cupido stronzo che da sempre vegliava sulla mia sfiga in amore.
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P.S. Per compensare tanto imperdonabile cinismo, mi sento in dovere di aggiungere una postilla.
Benché ne abbia fatto un uso quasi esclusivo durante i miei anni bohemienne e anche oggi abbia una libreria BILLY (ovviamente montata da me) grande quanto la Francia, penso che i mobili Ikea siano come gli SMS o le mail scritte mentre sei ubriaco: lì per lì ti sembrano idee geniali, ma poi dopo mica tanto.
Poiché INOLTRE penso che un'iniziativa umanitaria sarebbe quella di realizzare degli Småland per maschi adulti, con flipper, calci balilla e PS con maxischermi, vorrei unire questi due concetti affermando che a mio avviso all'Ikea non si dovrebbe andare tanto per i mobili, ma soprattutto per il cibo, e a cazzeggiare.

Infatti io sono anni che ci vado per comprare (coscientemente) inutili orpelli, o le piante, o i giocattoli (alcuni davvero fuori di testa); per annusare TUTTE le candele profumate; per vedere come si fa a far entrare un biliardo, un idromassaggio e un angolo bar in 30 mq, e, SOPRATTUTTO, per prendere dolci, salse e cibi alieni alla Bottega Svedese.

Non so se ci sia un tipo di uomo in grado di condividere quest'idea di fruizione dell'Ikea in modalità ludica (e abbastanza inutile nonché un po' surreale, ammettiamolo).
Alcune tavole d'argilla ritrovate in giare sigillate in una caverna nei pressi del Mar Morto affermano che tale uomo esiste, ma non specificano dove
Casomai trovaste questo prezioso reperto, vi consiglio di tenervelo stretto.
Se un sabato pomeriggio sentirò sghignazzare da sotto un piumino MYSA di un letto MALM, io capirò.


domenica 15 giugno 2014

L'arte di Ottenere Ragione

L'altro giorno una mia amica (una persona che conosco dalla mia pleistocenica adolescenza e che reputo dotata di un'intelligenza superiore, magari ce l'avessi io) ha postato su FB l'immagine che allego in fondo, che mi ha riportato alla mente una serie di ricordi e considerazioni.

I ricordi riguardano il fatto che negli anni del liceo ho vissuto un periodo di studio appassionato dell'Eristica (ovvero, l'arte di ottenere ragione). La mia eccezionale e moltissimo compianta professoressa Elena Mugnai mi assecondava in questa passione che univa gli unici due interessi che apparentemente dimostravo verso le materie scolastiche, ovvero l'italiano (o meglio la giocoleria con le parole e le strutture di espressione) e la logica (quel tanto che bastava per farmi studiare appassionatamente matematica e fisica al classico e capire che non esisteva una scuola superiore in grado di farmi felice, ovvero un classico-scientifico SENZA greco).

Le considerazioni riguardano il fatto che questa passione mi ha procurato poi nella vita un sacco di arrabbiature e frustrazioni. Era meglio non sapere. Le fallacie argomentative le ho ristudiate all'università, all'incirca con la stessa gioia di vivere e fiducia nel genere umano che si prova leggendo un libro di Margaret Mazzantini. Conoscendole, si diventa consapevoli di tutta l'idiozia che ci circonda e permea le nostre vite (o almeno questo è l'effetto che fanno a me, che come si sa riesco sempre a trarre il meglio dalle esperienze intellettuali).
Passo a riportare il testo della succitata immagine, che ho cercato di tradurre in italiano, inserendo dei link.

I DIECI COMANDAMENTI DELLA LOGICA

1. Non attaccare una persona, ma le sue argomentazioni.(Argumentum ad hominem)

2. Non travisare o esagerare le argomentazioni di una persona al fine di renderle più facili da attaccare.(Argomento dell'uomo di paglia)

3. Non utilizzare un campione statistico troppo piccolo per provare una legge generale. (Generalizzazione affrettata)

4. Non sostenere la tua posizione dando per scontato che uno dei suoi presupposti sia vero. (Petizione di Principio

5. Non dichiarare che quanto si è verificato a posteriori, sia per forza la causa di qualcosa. (Post Hoc o Falsa Causa

6. Non ridurre l'esito della discussione a due sole possibilità. (Falso dilemma

7. Non sostenere che a causa di mancanza di prove del contrario, un'affermazione debba essere vera (o viceversa). (Argumentum ad ignorantiam)

8. Non rigirare l'onere della prova su colui il quale sta mettendo in discussione la tua affermazione. (Inversione dell'onere della prova)

9. Tu non assumere che "questo" segua "quello", quando le due cose non hanno nessuna connessione logica. (Non sequitur)

10. Non dichiarare che, visto che un'idea è seguita da molti, dev'essere vera. (Ad populum)

A questo punto potrei commentare, farvi degli esempi divertenti, giocarci: farvi notare che questi errori sono comunissimi nel giornalismo, nella comunicazione politica, ma anche e soprattutto nella neosapienza stile "l'ha detto mio cuggino" che ha trovato il suo canale di diffusione prioritario su internet. 

A livello generale, la cosa che più mi pare significativa da dire è che chiunque abbia voglia e strumenti per utilizzare la logica può facilmente smontare un'affermazione fallace trovandoci uno o più di questi elementi erronei, ma dovrà anche prepararsi a quella che io chiamo "Situazione del Lupo e dell'Agnello", ricordando l'omonima fiaba ("Tu sei mesi fa mi hai insultato." "Come è possibile, giacché sei mesi fa non ero ancora nato?" "Allora" riprese il lupo "fu certamente tuo padre a rivolgermi tutte quelle brutte parole." E se lo mangiò.) Ovvero: la logica è perfettamente inutile con chi non vuole usarla.

O anche, più frequentemente, non è in grado di utilizzarla.
Io che sono una persona abbastanza diretta nella vita di tutti i giorni, trovo abbastanza inefficace intervenire, come in una brutta parodia di un film di Woody Allen, con un:
"Ti rendi conto che mi stai hitlerizzando? E' un trucco così vecchio che non fa neanche più ridere!"
oppure: "Stai saltando da una classe logica all'altra come un grillo con le convulsioni. Vuoi che chiami un medico?"

In questi casi mi perdonerete il cinismo, ma sconsigliandovi sempre e comunque (fosse solo per motivi legali) il ricorso alla violenza (fisica o armata), potrete sempre scegliere altri svariati strumenti, fra i quali: il silenzio (l'assenza spirituale o anche fisica); l'ironia o il sarcasmo (come esposto sopra, non particolarmente efficaci, anche se gratificanti); aver assunto o assumere maggior potere in un determinato ambito; nei casi peggiori, la fuga, e, ovviamente, gli stessi strumenti dell'eristica, riusati con maggior efficacia contro l'interlocutore. Questo è passare al lato oscuro della Forza? Non so, vedete voi.

Di sicuro, se potessimo eliminare a posteriori le fallacie argomentative da tutta la politica, il giornalismo e il business degli ultimi secoli a mio avviso libereremmo tanto tanto spazio al mondo. Noi ragazzi degli anni '80 che da giovani abbiamo letto SchopenhauerSun Tzu per prepararci ad essere dei manager (e delle terribili persone) lo sappiamo bene: tutti vogliono vincere. Appartengo a quella generazione che era convinta per motivi storici che tutti volessero dominare il mondo, e che se avessimo imparato a parlare bene (possibilmente anche in inglese) e avessimo lavorato devotamente tutti i week end, anche noi avremmo avuto la nostra parte. E' l'arte della guerra, che si fa anche con le parole. 

In un mondo ideale, ma anche nei gruppi di lavoro funzionali, di studio, o nei rapporti affettivi più sereni e riusciti, due persone alla pari discutono e riescono a far prevalere le argomentazioni più valide, portate sia dall'uno che dall'altro, non necessariamente in contrasto (prevalere non è lo scopo); nel mondo reale, spesso lo scopo di una discussione è far vincere uno dei due interlocutori, a prescindere dalle sue argomentazioni.

Quanto possano tornare utili a tutti delle argomentazioni erronee fatte prevalere illogicamente, francamente non saprei. 


Link per approfondire:
http://it.wikipedia.org/wiki/Classificazione_delle_fallacie
http://www.linux.it/~della/fallacies/index.html
http://www.paolovidali.it/download/cdargomentare/strumenti/062.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Eristica
http://en.wikipedia.org/wiki/Argument_from_ignorance
http://giulioberonia.wordpress.com/2010/09/25/38-stratagemmi-per-darsi-ragione/

mercoledì 11 giugno 2014

Let's dance in style

Volete sapere cos'ho capito finora io della vita?
Che è il caos più assoluto.
Nasciamo senza chiederlo o sapere perché, inconsapevoli; inconsapevolmente cresciamo.
Crescendo facciamo incontri, ci affezioniamo ad alcune cose e persone e tutto quello che succede sembra continuare a dirci: non cercare un perché.
Ci sono persone bellissime, buone, perfette come fiori o fiocchi di neve che vediamo sparire in un soffio, per sempre. Senza riguardo.
Persone disgustose, gorghi di Male che vivono mentendo ad alta voce e prosperando sulle spalle del mondo, che resistono come rocce, avvizzendo fino a tarda età.

Noi stessi per quanto ci sforziamo non siamo immuni al caos e a questa apparente ingiustizia universale.
Nascendo, procuriamo dolore.
Viviamo convinti di essere buoni, ma finiamo comunque per fare del male a qualcuno.
Gli esseri umani hanno demoni interiori che li aspettano al varco lungo tutta la loro vita, assolutamente irrazionali e autolesionisti.
Incontriamo persone che ci amano, che si dedicano a noi con tutto il cuore e sembrano perfette per noi e tutto il Bene ci lascia indifferenti, la felicità ci sembra noia assoluta, una condanna mortale solo da fuggire.
Conosciamo persone pessime secondo il parere di tutto il resto del mondo tranne che per noi e le amiamo contro ogni logica, con tutto il nostro cuore, tenacemente, più della nostra stessa vita.
La nostra pazzia ci porterà a farci sentire più vicini a una persona lontana, o che ci detesta, o ci ignora, piuttosto che ad una a portata di mano che ci ama e ci dedica con devozione assidua i suoi pensieri.
E questa non è colossale idiozia, ma poesia.

Ho capito che tutti mentono.
Chiunque mente, e mentirà finché l'immagine che avrà di sé stesso, l'immagine desiderata, sarà diversa dall'immagine reale. La distanza fra desiderio e realtà, ovvero l'illusione, verrà sempre coperta dalle bugie: a sé stessi e agli altri.
Penso che chi dice di non mentire mai sia ipocrita. O inconsapevole, che è anche peggio.
Penso che l'importante non sia mentire, ma desiderare di poterlo non fare.
Ci sono persone per cui un mondo agevole è quello in cui riescono riescono sempre a farla franca. A omettere, svicolare, o semplicemente imbrogliare gli altri.
Poi ci sono persone che cercano la felicità di un mondo in cui non dovranno più mentire. In cui saranno forti e tranquille. E qualcuno cui non dover dare spiegazioni, fra le cui braccia poter sentirsi al sicuro.
Salvi, senza più parole. Il sogno di felicità che preferisco.

D'altra parte, perché dovrebbe essere diverso?
Immaginate il concepimento. Svariati milioni di spermatozoi che nuotano tutti assieme: uno solo ce la fa. Per pochissimo. Per caso, oserei dire.
L'essere che ne esce, si ritrova a muoversi (per un intervallo di tempo francamente ridicolo rispetto all'esistenza dell'universo, ma anche di quella della nostra specie) nel flusso della vita.

Eppure questo incredibile caso, per come lo vedo, nella sua estrema casualità e fragilità è una cosa assolutamente fantastica.

Siamo niente, quindi leggerissimi.
Al mondo per un caso incredibile: siamo stramaledettamente fortunati.
Come pesciolini in un branco enorme, ma pesciolini d'oro, vivi e lucenti sotto il sole.
Abbiamo quasi il dovere, di nuotare con grazia nella corrente.

Con un'idea di noi stessi -a volte, a tratti- fantastica, e con le nostre miserie nella realtà, ma eccoci: ci siamo, presenti ora.
Se la vita è un giardino selvaggio, dobbiamo fiorire e profumare almeno un attimo, almeno una volta prima di svanire.
Se anche tutto fosse finzione e fossimo finiti per caso in un grande ballo in maschera, facciamo in modo di avere la più bella fra le maschere, quella più adatta a noi.
Sorridiamo, siamo gentili: cerchiamo di risplendere per noi e per gli altri.
E poi balliamo. Balliamo con grazia. Balliamo nel modo migliore che riusciamo.
Contribuiamo alla festa.
Cerchiamo di essere felici e ballare finché potremo.

martedì 27 maggio 2014

Perdere E Vincere

In questi giorni, forse perché si fa un gran parlare di perdere e vincere, ho avuto un flashback della mia infanzia.

Io molto piccola sulla ginocchia di mio nonno che sorridendo, con quell'espressione concentrata e gioiosa che aveva mentre recitava poesie:

"Paggio Fernando, perché mi guardi e non favelli?"
"Perché guardo gli occhi tuoi che sono tanto belli..."

Giusto per far capire a tutti, si tratta di "Una partita a scacchi", un'opera teatrale scritta nel 1871 da Giuseppe Giacosa.

La trama è tratta da una "chanson de geste" cavalleresca del secolo XIII e racconta della scommessa fra il paggio Fernando per l'appunto, giovane orfano squattrinato dotato principalmente di grande bellezza e grandissima fiducia in sé stesso, e il ricco e vecchio conte padre di Iolanda: ovviamente bella, dotata di fine ingegno, sua unica erede e  quanto pare incredibilmente choosy in materia di fidanzamenti. Il conte vorrebbe un tot di nipotini, ma per l'epoca finora è apparso incredibilmente democratico e ha lasciato correre, solo che lagnati oggi lagnati domani, alla fine ottiene da Iolanda la licenza a trovarle un marito decente.

Dopo essergli stato presentato dal Conte Oliviero, che ne decanta il valore e l'incredibile coraggio dimostrati in battaglia, nonostante l'evidente disparità sociale, Fernando osa farsi avanti come pretendente di Iolanda e il vecchio conte, a metà ammirato dall'audacia del paggio, a metà irritato per lo stesso motivo, gli propone la seguente sfida: se fosse riuscito a vincere contro sua figlia una sola partita a scacchi, gioco in cui a quanto pare era imbattibile, avrebbe potuto sposarla. In caso contrario, la morte
Giusto per riconsiderare un po' i vostri suoceri, se ne avete di pessimi.

L'opera in versi descrive dunque questa partita fra i due. 
Che giocano a scacchi fra di loro, in tutti i sensi.
Sfidandosi: scoprendo le tattiche l'uno dell'altra. Facendosi complimenti: ammirandosi. Raccontandosi. Arrivando a parlare d'amore. 
Alla fine Fernando sembrerebbe in difficoltà, come descritto sopra: continua a fissarla. 
In realtà per favellare favella, ma con sempre meno concentrazione sul gioco e sempre più su di lei: ormai sembra aver abbandonato ogni spavalderia. Perso negli occhi di lei, appare prossimo alla resa.

Fernando:
"Tu sei  bella, Iolanda."

Iolanda:
"Com'è dolce il tuo dire!"

Fernando:
"Senti...tu hai mai pensato che si possa morire
Prima d'aver provato che cosa sia l'amore?
Prima che un sol fiorisca dei germogli del cuore?
Prima di bisbigliarsi le più ardenti parole?
Prima d'aver goduta la tua parte di sole? "

Iolanda:
"Oh no!"

Fernando:
"No, non è vero? Se non fosse che un'ora
Un'ora dell'ebbrezza che ogni ebbrezza scolora
Le mie pupille un'ora fissate nelle tue
E poi...venga il destino."


Iolanda:
"Si morirebbe in due."

E a questo punto Iolanda fa quello che qualsiasi ragazza accorta e brava negli scacchi farebbe al posto suo, ovvero si fa scacco matto da sola. Praticamente. Sorry Papi, 
"Gioca, Fernando; gioca, gioca: un passo solo." 
Su su:


(Mentre Fernando esita, Iolanda di soppiatto lo piglia dolcemente per mano, e fa lei una mossa per lui)


Dalla curva dei romantici si alza la ola. I due convolano, happy end.

Tre considerazioni:

1) Se vi state chiedendo CHI fra i due in realtà era il più bravo a scacchi e avrebbe potuto vincere la partita, o semplicemente chi è stato più furbo, mi dispiace per voi: siete lontani dalla via dell'amore, ovvero della felicità. Felice è, a mio avviso, chi non ha né furbizia né orgoglio, ma chi si gioca tutto, chi rischia tutto e chi accetta anche di sembrare perdente pur di poter fare quel solo ed unico passo verso il proprio futuro.

2) A mio avviso questa storia è semplicemente bella perché racconta di due persone che perdendo sono riuscite a vincere entrambe.

3) Credo di aver avuto un'immensa fortuna ad essere stata cresciuta da due persone anziane e colte che, anziché raccontarmi le solite favole truculente di lupi sventrati o principesse salvate, conoscevano storie come queste.



POSTILLA: Dopo che anche mio nonno morì e liberammo la casa, mi venne in mente di svuotare, con l'aiuto di un ferretto, uno dei vasi di terracotta dipinta dove sapevo che loro avevano buttato negli anni tante carte, giusto per avere qualcosa scritto di loro pugno. Sinceramente ambivo giusto a qualche lista della spesa.
Ho trovato, a pezzi, un foglio di carta pergamena dove sono riportati in bella calligrafia gli ultimi quattro versi della parte di Fernando che ho trascritto. 
Benché fossi piccola, ricordo ancora benissimo il momento in cui mia Nonna aveva ritrovato ormai anziana quella lettera d'amore ricevuta da ragazza e l'aveva strappata e buttata lì per non farmela leggere. 
Mi piace pensare che si sia trattato di pudore di altri tempi, e non disillusione. 
In ogni caso l'ho ricomposto e ora è conservato fra le mie carte per i miei figli, insieme alla sua storia.

venerdì 23 maggio 2014

Maria ed Italia

Oggi ho postato questa foto su facebook:


perché mi faceva pensare a mia nonna Marina.
Mi ha riportato un ricordo così bello che ho pensato di riservarmi un momento per fissarlo meglio qui.

Quei bottoni erano meravigliosi.
Detesto le osservazioni del tipo: "Una volta i vestiti erano una cosa seria." che a mio avviso sono reazionarie (e oltretutto uh se invecchiano) però sì, in questo caso c'è qualcosa di vero.
Una volta i vestiti in qualche modo valevano di più. Venivano dismessi quando erano proprio rovinati e i bottoni che venivano tagliati via per essere riutilizzati spesso erano davvero belli.
Ricordo che i miei preferiti stranamente non erano quelli "gioiello", fatti di strass, ma quelli di madreperlaPerché non ce n'era uno uguale all'altro
Li separavo dagli altri, escludendo ovviamente quelli bianchi, ordinari e banali delle camicie, e li disponevo in fila, creando arcobaleni perlescenti a seconda delle varie sfumature.

Mia nonna era una donna elegante, in tutti i significati che ciò aveva nel secolo ventesimo.
Credo che avesse tutti quei bottoni proprio perché in vita sua ne aveva riattaccati una quantità davvero esigua.
Faceva confezionare i propri vestiti da due sarte: Maria ed Italia, due sorelle che lavoravano nel proprio appartamento ubicato nel nostro stesso complesso di palazzine. 
Quando mia nonna andava da loro, io volevo sempre seguirla e i miei nonni non si spiegavano perché una bambina volesse sottoporsi alla noia interminabile dell'attesa delle prove.

Io restavo per ore in quell'appartamento gremito di manichini sartoriali e abiti appesi a vari stadi di rifinitura, seduta a terra fra ritagli e scampoli di stoffe di mille colori, trame, consistenze.

Alcuni di quei vestiti erano veramente spettacolari.
Abiti da cerimonia; da sera; da cocktail; da pomeriggio: imparavo che ogni occasione può avere un vestito adatto.
Ogni abito diverso, nato su una donna per quella donna: capivo che "vedere" la figura intera ed ogni curva, misurarla, gestirla e non nasconderla, vestirla e valorizzarla al meglio vuol dire eleganza.

Maria ed Italia che erano due "signorine", (ovvero in loro assenza due zitelle - eravamo negli anni '70), si intenerivano con una bambina come me che sembrava trovare interessante quello che facevano.
Grazie a loro imparai, ad esempio, ad infilare il filo nell'ago precocissimamente, oltretutto tenendo il filo corto, il che mi valse in prima elementare da parte della severissima Suor Valentina:
"Lunga gugliata, scolara svogliata. Ma TU no: TU sei un'altra Fiorella. Brava Giulietta!"
Ovvero, non sembravo indegna di due generazioni di donne della mia famiglia che prima di me avevano imparato a ricamare con lei. Ovvero, il migliore degli esordi nel sistema paramilitare delle scuole private.

Inoltre a volte Maria ed Italia mi regalavano gli avanzi delle stoffe su cui mi vedevano indugiare lo sguardo, supplicante come in una pasticceria dei colori. Così uscivo di lì con delle pezze neanche minuscole di tessuti pregiati come sete, velluti o lamè.
Che una volta arrivata a casa aggiungevo alla mia riserva; poi li confrontavo fra di loro, li intrecciavo e me li drappeggiavo addosso, rigirandomi davanti allo specchio per provare l'effetto.

Sono passati parecchi anni. Temo proprio che Maria ed Italia non ci siano più.
I tempi sono cambiarti: purtroppo, ad esempio, io non potrei mai permettermi due sarte (ma neanche una, eh) per i miei vestiti. Non solo per la spesa, ma neanche per il tempo da dover dedicare alla faccenda. 
Però mi piace prestare attenzione a come mi vesto. Trovo i vestiti divertenti e traggo piacere nello sceglierli e provarli. E mi piace pensare di dover ringraziare anche quelle due signorine per questo piacere che mi accompagna da tutta la vita.

Maria ed Italia (sarte in Roma), per quello che conta, mi fa piacere che dopo quarant'anni abbiano il giusto ringraziamento per essere state tanto gentili con una bambina che adorava quello che sapevano fare.

giovedì 22 maggio 2014

Inezia #2 - Posidonia

Un esercizio mentale che faccio e trovo molto efficace per rilassarmi quando sono stressata: 

Mi immagino di essere una foglia di posidonia che ondeggia nel silenzio del fondo marino




Un po' strano? Provateci

E' un rimedio assumibile senza prescrizione medica e non presenta controindicazioni o dosaggi massimi, se non che, nel caso vi rilassaste troppo, ricordatevi ci sono luoghi e situazioni sconsigliati per farlo.



martedì 20 maggio 2014

Inezia #1 - Le Notti Bianche

Oggi inauguro la serie delle Inezie, ovvero: piccoli, trascurabili e assolutamente Lumencentrici "facts", che però hanno una caratteristica comune, quella di riuscire a darmi serenità.
Sperando che facciano lo stesso effetto anche a qualcun altro o, in caso contrario, certa che produrranno reazioni perfettamente in linea con il tema del blog.


Inezia #1
Conosco quasi a memoria e mi piace ripetere fra me e me l'incipit delle "Notti Bianche" di Dostoevskij, ovvero:

"Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani, amabile lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa? Anche questa è una domanda da giovani, amabile lettore, molto da giovani, ma voglia il Signore mandarvela il più sovente possibile nell’anima! … "

Starry Night - Vincent Van Gogh

P.S. Chiunque capisca ed ami questo libro capisce anche molto più di me.

venerdì 2 maggio 2014

Due Pesi e Due Misure

L'ultima volta che ho postato qualcosa mi ero ripromessa per riuscire ad essere più sintetica di affrontare un solo argomento alla volta e così stavolta, molto coerentemente, ho pensato di trattare un duplice argomento sotto due punti di vista diversi.

Vediamo.

Oggettivamente. Non credo molto nelle Verità Assolute. Anzi, quasi per niente. Panta Rei, tutto scorre. Apprezzo chi se ne rende conto e ha la capacità di cambiare idea, però una cosa di cui sono abbastanza certa è questa: se conoscete una persona che con gli altri è in un modo, NON pensate MAI che con voi sarà diverso.

Un'amica che con voi sparlerà di tutti, sparlerà anche di voi. Un invidioso E' un invidioso. Un egoista E' un egoista. E così via. Per fortuna, vale anche per i pregi. Inoltre, la cosa positiva è che la gente tende a mostrare le proprie caratteristiche (soprattutto i difetti) con chi si immagina che non ne sarà l'oggetto. Questa persona però farebbe bene a tenere gli occhi aperti, non illudersi e trarre le debite considerazioni su chi ha di fronte.

Gli esempi più ricorrenti sono nelle relazioni sentimentali. Qualcuno che ci si presenta massacrando il/la proprio/a ex non credo meriti la nostra solidarietà (se non a parole, ovviamente, nel caso volessimo controbattere alla banalità col più bieco dei trucchi per far colpo), perché quella che ci sta trasmettendo in buona sostanza è una tonnellata di cattivi sentimenti, di cui noi un giorno potremmo essere l'oggetto.

Vorrei poi estendere il consiglio ai fan club delle algide divas o degli uomini-duri-che-non-devono-chiedere-mai: per parlar forbito, occhio, che gli stronzi lo sono con tutti. NON VI FIDATE del Principe Azzurro che getta il proprio mantello a terra per farvi superare la pozzanghera e subito dopo tira una pedata al mendicante a terra per farvi strada, perché un giorno - cerco di spiegarla facile-facile - prenderà a calcioni anche voi.
A meno che non siate proprio come lui. E allora forse avrete una vita felice insieme e tante attività ricreative in comune nel tempo libero, elegantissimi in quei lunghi cappucci bianchi che avete già ordinato la settimana scorsa, come andare a ripulire il vicinato e poi festeggiare con grandi falò all'aperto.

Volete un buon amico, una brava persona accanto? Guardate come si comporta con gli altri. Se ha amici di lunga data che gli/le vogliono bene. Che a loro volta sono brave persone. Guardate se è una persona generosa, se è paziente con loro, se è leale. Non siate gelosi per questo: non sbuffate se dedica loro il proprio tempo. Se vi vuole bene, sarà il miglior amico o il miglior partner del mondo. Perché è una persona buona.

E voi? Come siete?

Mi spiego: di tutte le centinaia fra le Perle di Saggezza che mi tocca vedere come iscritta a Facebook ogni giorno alcune mi piacciono, la maggior parte mi lasciano indifferente, ma ce n'è un tipo, ripetuto in varie versioni, che mi sta veramente antipatico, il cui senso è fondamentalmente questo:

"Io sono una Buonissima Persona, ma con le Persone Cattive sono Cattivo"

EH NO!

Io vorrei una Perla di Saggezza personalizzata per replicare e anche se sarebbe troppo lunga suonerebbe così:

"TU sei una persona normalissima che come tutti si gratifica con l'idea di essere buonissima e che giustifica le proprie nefandezze come causate da quelle degli altri. La verità è che TU puoi scegliere di essere buono o cattivo, educato o maleducato, forte o debole. TU sei TU: quando c'è da farti i cavoli tuoi gli altri non hanno la minima influenza su di Te. Guarda caso, diventano influenti solo quando ti servono come capri espiatori per i tuoi sgurz. 
Quindi, stacce."

E' chiaro che ci sono dei casi limite. Non ci si comporta allo stesso modo che so, durante una tombola parrocchiale o in caso di invasione zombie. E' tantissimo che non partecipo ad una tombola parrocchiale, ma immagino sia più lecito il secondo caso per dare adito ad una reazione splatter fuori norma. Quindi può capitare di dire: "Io sono una persona buona e cara, ma se entra uno zombie in casa mia, gli stacco la testa con un'accetta." E vabbè. Ma se provate a farlo al signor Franchetti che fa cinquina prima di voi (anche se è il terzo anno di seguito che succede perché quel bastardo se ne approfitta che Don Vittorio non controlla), non è mica tanto bello in ogni caso (e voi non state neanche tanto bene, ma oggigiorno la chimica fa miracoli). 

Ma questo è l'unico caso. Per il resto, secondo me, due pesi e due misure non esistono. Poi fate un po' voi.